Mercato dei titoli quotati


Chi vuole investire in titoli quotati al listino ufficiale deve anzitutto armarsi di pazienza e perseveranza, perché la Borsa valori è uno dei mercati più difficoltosi da gestire. E ciò per diversi motivi: innanzitutto perché è un mercato complesso ed estremamente reattivo, ha una serie di variabili, sia economiche, sia socio-politiche (come è stato verificato anche di recente). Alle volte basta la dichiarazione di un ministro o di un leader politico, magari prontamente smentita il giorno successivo, per provocare uno scivolone ingiustificato delle quotazioni. Chi lavora in Borsa ogni giorno considera questo rischio come pane quotidiano e non si lascia scoraggiare dai capricci del listino. Altrettanto dovrebbe fare il piccolo investitore, ma è chiaro che ciò non è facile. Tra lui e un professionista di borsa, c’è la stessa differenza che corre tra uno scalatore dilettante, appassionato della montagna, e una guida del club alpino italiano.
In secondo luogo, la Borsa è un mercato chiuso con regole molto precise e rigide, , a cui possono accedere soltanto operatori professionali: gli agenti di cambio o i loro procuratori, e i rappresentanti delle Sim (società di intermediazione mobiliare) che hanno preso il posto delle vecchie commissionarie di Borsa. A fine 1993, al sistema telematico che collega le 10 sedi di Borsa valori attualmente esistenti in Italia, potevano accedere 600 terminali di computer installati presso 121 operatori autorizzati: 74 Sim e 47 agenti di cambio. Per un investitore professionale, è quindi giocoforza rivolgersi a un intermediario specializzato.
Un avvertimento, in ogni caso, è d’obbligo: il saggio risparmiatore non affida tutte le sue risorse a una sola forma d’investimento. Quella della diversificazione del portafoglio è una regola d'oro, rispettata anche dai grandi capitalisti. La borsa deve rappresentare soltanto uno dei canali d’investimento, accanto ai titoli a reddito fisso (ben rappresentati dai titoli del reddito pubblico), agli immobili, (case e terreni), ed eventualmente ad alcuni beni rifugio (oro, preziosi, opere d’arte), secondo l’entità del patrimonio posseduto.
C’è poi un ulteriore tipo di diversificazione, ed è quella tra differenti attività finanziarie all’interno di un portafoglio composto da azioni di diversi tipi e settori (sia italiane che estere) e obbligazioni di varie durate e caratteristiche. E’ questo il terreno preferito dai consulenti finanziari. Ma la scelta del mix di investimenti necessario per costruire un portafoglio su misura per il cliente, tarato cioè sulla sua situazione patrimoniale e sulla sua personale propensione al rischio, non è cosa facile. Ed è qui che persino gli operatori professionali si dividono e discutono.

Il consiglio

Innanzitutto, occorre fare una prima distinzione secondo la consistenza del patrimonio di cui si dispone. E infatti il primo mix proposto cambia secondo la cifra che si è disposti a mettere in gioco: qualche decina di milioni (orientativamente, circa 50), oppure 300 milioni, o ancora 500 o più milioni. Ecco, in sintesi, le indicazioni. 50 milioni, trattandosi di una somma troppo esigua per poter attuare una diversificazione molto spinta, secondo il mio parere conviene restare sul mercato obbligazionario ripartendo equamente fra titoli a tasso fisso e a scadenza media (per esempio: buoni del tesoro poliennali a tre/cinque anni) e obbligazioni di durata un po’ superiore. Oppure, se proprio si vuole puntare sul mercato azionario, conviene scegliere un fondo azionario globale che investe un po’ in tutte le Borse mondiali. E’ evidente però che per investire sui mercati finanziari internazionali è indispensabile affidarsi a un gestore professionale. I fondi comuni, che movimentano consistenti flussi di denaro, hanno fra l’altro la possibilità di copertura del rischio di cambio che restano inaccessibili al singolo, piccolo o medio investitore. Con un capitale iniziale di 300 milioni, diversificare è possibile. Ma bisogna cominciare a operare delle scelte. Chi preferisce la tranquillità deve optare per una condotta prudente. Per esempio: 40% investito in un fondo obbligazionario italiano; 20% in un fondo europeo della stessa natura; ed il restante 40% in un fondo bilanciato (cioè sia azionario che obbligazionario) internazionale. Nel portafoglio di questo cauto investitore entra quindi una quota- sia pure modesta- di azioni, poiché il fondo bilanciato destina una parte del patrimonio (che può arrivare fino a un massimo del 50%, ma in genere si attesta su livelli inferiori) a titoli di rischio. Chi è disposto a rischiare qualcosa di più, può decidere invece di investire fino al 30-40% in un fondo azionario a vocazione internazionale. Le performance di alcune Borse estere, e in particolare di quelle dei paesi emergenti dell’est europeo e dell’America latina, dovrebbero essere alquanto favorevoli. 500 milioni e oltre. Ai più cauti va suggerito un mix composto da fondi obbligazionari italiani (30%) e internazionali (20%); il 40% a un fondo bilanciato estero o ad un azionario globale; e infine il 10% a un fondo azionario italiano, oppure da investire direttamente in Borsa. Avendo però l’accortezza di scegliere titoli difensivi come quelli dei comparti assicurativo, alimentare, che risentono meno delle crisi economiche. Agli investitori più coraggiosi e disposti a scommettere sulla ripresa economica, si possono susseguire anche alcuni titoli industriali a largo flottante, cioè molto diffusi tra i piccoli azionisti (come Fiat e Pirelli, tanto per fare un esempio), e alcune Blue chip europee (come le assicurazioni Generali di Trieste, la Générale des eaux e Lagarge alla Borsa di Parigi; Credito svizzero, Swiss Re e Zurigo assicurazioni sul mercato elvetico).

E'consigliabile affidarsi a un professionista

All’origine di tutte le alternative, c’è comunque la decisione iniziale di consegnare i propri risparmi nelle mani di un operatore professionista, sia esso: l’ufficio titoli della propria banca; il gestore di un fondo comune d’investimento; una società specializzata (SIM o società fiduciaria). Naturalmente, è anche possibile fare tutto da soli, ricorrendo all’intermediario soltanto per l’indispensabile esecuzione degli ordini di Borsa. Delle tre ipotesi prospettate, l’ultima è la più interessante perché consente una gestione personalizzata del proprio patrimonio, affidata a professionisti di provata esperienza. Ma il ricorso a una società specializzata risulta praticabile solo per cifre consistenti, dai 200-300 milioni in su. Le SIM più conosciute di solito non accettano in gestione patrimoni di entità modesta. Inoltre, la gestione personalizzata e relativamente più costosa: le commissioni a favore del gestore sono piuttosto cospicue soprattutto se l’indirizzo è azionario , molto più elevata di quelle richieste da qualsiasi fondo d’investimento.


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