La ritirata dai Bot


Nel settembre del 1992 si verificò la tempesta valutaria che condusse alla svalutazione e pochi mesi dopo, all’uscita della lira dal Sistema monetario europeo. Nel 1992 il tasso d’interesse lordo sui Bot raggiungeva il 6%, ciò equivaleva a un rendimento effettivo dell’11% circa. Senza dover fare praticamente nulla: bastava dare l’ordine alla propria banca di comperare titoli di Stato, e scegliere le scadenze più convenienti. Oggi, invece, con l’inflazione al livello più basso degli ultimi 25 anni (2:3%), l’investimento in Bot rende nominalmente dal 5% al 6%, il che vuol dire appena il 2,5%-3,5% in termini reali, da cui bisogna poi detrarre le commissioni della banca e gli altri costi, quali le imposte. I rendimenti reali a due cifre pagati dal Tesoro italiano erano una vistosa anomalia nel panorama dei paesi industrializzati; e andavano ad accrescere ulteriormente un debito pubblico già di dimensioni abnormi (oltre un milione e 800 mila miliardi di lire a fine ‘94, quasi 32 milioni di debito per ciascun italiano, neonati compresi). Ora il governo e le autorità monetarie hanno deciso finalmente di invertire la rotta. Scadenze più lunghe e rendimenti meno "drogati" aiutano il Tesoro a contenere il costo del debito, e i risparmiatori a liberarsi dalla "assuefazione da Bot" che per molti anni li ha tenuti legati allo stesso debitore: lo Stato.


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